Mai come negli ultimi mesi il terzo settore sembra essere tra gli argomenti principali del dibattito pubblico

Dall’attesa dei decreti e delle circolari esplicative della Riforma passando per diversi casi di cronaca fino ad arrivare alle polemiche politiche, ogni settimana il terzo settore assume uno spazio significativo e impegna gli addetti ai lavori ed i cittadini in confronti più o meno pacati circa il ruolo che esso svolge per il nostro Paese.

Recentemente il Ministro Di Maio, spinto da alcuni fatti di cronaca, ha espresso un pensiero molto chiaro “Questi scandali sempre più spesso accadono quando lo Stato si ritira dando spazio a imprese, cooperative, Onlus magari politicamente o ideologicamente vicine, con una esternalizzazione o peggio privatizzazione dei servizi pubblici. Questo processo lo abbiamo già visto in diversi casi”. Tale osservazione ha, naturalmente, mobilitato la risposta di numerosi rappresentanti del terzo settore che hanno fatto notare come da sempre proprio dal variegato mondo del non profit siano arrivate richieste di maggiori controlli e applicazione delle regole in nome della trasparenza.

Pur condividendo nel merito la risposta al Ministro Di Maio ed il conseguente invito a non generalizzare, bisognerebbe pur considerare che, probabilmente, questo momento storico può essere vissuto come una grande opportunità in termini di consapevolezza e rilancio per tutto il mondo del terzo settore. Non è solo “colpa” della politica o delle “pecore nere” dell’universo non profit se gli italiani tendano a fidarsi sempre meno del terzo settore nonostante gli sforzi quotidiani immensi di tante piccole realtà sui territori. Spesso l’approccio ideologico ha davvero viziato alcune attività facendo venire meno l’applicazione del principio di sussidiarietà in modo chiaro e compiuto e con la persona ed i suoi bisogni al centro del proprio operato.

Sicuramente la presenza di regole certe e di controlli rigidi potrà aiutare, ma occorre una grande operazione nazionale di rilancio del nostro mondo. Una nuova narrazione non viziata dalle amicizie politiche o di comodo, ma ancorata al reale e mossa dalla volontà di dare davvero voce a ogni latitudine al grande impegno dei tantissimi operatori seri del terzo settore.

Un vero e proprio cambio di paradigma non più procrastinabile. Uno studio evidenziato da Eurostat ha acceso un ulteriore campanello d’allarme: in una speciale classifica venuta fuori da una più vasta indagine EU SILC sulla partecipazione e l’integrazione sociale, l’Italia è la nazione europea con la percentuale più alta di persone che affermano di non avere nessuno a cui rivolgersi in caso di necessità (il 13.2 % del campione intervistato che sale al 17% se consideriamo le persone con basso livello d’istruzione).

Sicuramente, come mostra anche lo studio, su tali percentuali influiscono anche il livello d’istruzione ed il reddito personale, ma non possiamo pensare che il crollo di fiducia verso il non profit sia totalmente estraneo all’esito di questa indagine. Tutto questo accade nonostante la realtà di tanti esempi virtuosi realmente vicini ai cittadini.

Lo studio appena citato mette anche in evidenza dei dati sulla partecipazione che trovano riscontro in numerose altre indagini più recenti: si fa strada un’idea d’impegno sociale individuale vissuto al di fuori di strutture organizzate ed impegnate in nome di un obiettivo chiaro. I Paesi del Nord su questo sono capofila, ma in Italia c’è, ormai, una sostanziale parità tra la percentuale di coloro che s’impegnano in modo non formale e quelli attivi in strutture organizzate. Non è necessariamente un male, ma sicuramente ciò offre uno spunto di riflessione ulteriore circa la percezione del valore d’impegnarsi in comunità per finalità più alte ed importanti. Tanto più che a livelli assoluti l’Italia, da questa indagine, risulta essere non ai primi posti per l’impegno nel volontariato e più in generale nella partecipazione sociale (rispettivamente 17mo posto per numero di cittadini attivi in strutture organizzate e 22mo posto per cittadini operativi in modo individuale).

Non possiamo fingere che nulla sia accaduto nel Paese negli ultimi anni e continuare a pensare che i problemi e le colpe siano sempre e solo frutto delle azioni e le scelte di una parte.

Se c’è una cosa che il terzo settore insegna, in particolar modo il volontariato, è la possibilità di raggiungere grandi obiettivi lavorando con coesione e spirito di sacrificio in nome di valori condivisi in grado di mettere da parte le differenze poiché ciò che conta è risolvere i problemi. Pertanto, più che continuare in uno sterile teatrino di scambi reciproci di accuse e responsabilità è, probabilmente, giunto il tempo di andare oltre le divisioni e iniziare a lavorare insieme per ricostruire, oltre ogni forma e tossina ideologica, il senso di appartenenza a una comunità che ha sempre avuto nella solidarietà una delle sue stelle polari.

Fonte: Dati Eurostat

Pubblicato su: Istituzioni24.it