Gentile Direttore,
sin i primi giorni della pandemia, da più parti si è sentito echeggiare l’auspicio che questa crisi potesse essere un’occasione per migliorare quanto di negativo ci fosse nei meccanismi che accompagnano i processi della nostra comunità. Grande risalto, più che meritato, è stato dato al fondamentale ruolo svolto dagli enti del terzo settore: ad ogni conferenza stampa del Premier così come in tutte le comunicazioni, dirette social e interviste ai rappresentanti delle istituzioni non sono mai mancate belle parole per gli interpreti dell’Italia migliore ovvero i volontari che – ancor di più in questa difficile circostanza – hanno garantito coesione sociale e supportato le istituzioni nel tentativo di dare risposte ai bisogni dei cittadini.
Occorre però notare come le intenzioni siano rimaste a lungo solo parole e, dopo innumerevoli richiami e proteste dei vari rappresentanti del non profit, finalmente qualcosa si è mosso con il Decreto Rilancio. Non possiamo dimenticare che il non profit fino allo scorso febbraio ha rappresentato il 4% del PIL italiano grazie all’impegno quotidiano di quasi sei milioni di volontari e poco meno di un milione di lavoratori.
Il Governo, accolte le sollecitazioni, ha teso una prima mano a questa fondamentale parte della nostra comunità nazionale e sebbene sembrino essere totalmente sparite dai radar dei provvedimenti centrali le tante piccole e medie organizzazioni operanti sui territori, l’articolo 236 del decreto “Rilancio” sancisce come mai prima d’ora un’attenzione particolare agli enti operanti al Sud.
Bisogna riconoscere al Presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo, di aver tenuta alta l’attenzione sui rischi per il terzo settore specialmente nel mezzogiorno e al Ministro Provenzano di aver raccolto tali importanti segnalazioni, ma ora toccherà alle Regioni del Sud usare al meglio gli strumenti che il “decreto rilancio” offre per supportare le organizzazioni che animano l’universo non profit.
Il tempo scorre inesorabile e occorre inaugurare una nuova fase di cooperazione tra terzo settore ed istituzioni, lo meritano i lavoratori ed i volontari che hanno offerto l’ennesima grande prova di solidarietà ed impegno.
In Campania non sono pochi i volontari che hanno dedicato il proprio tempo a portare conforto, ristoro e supporto ai cittadini, specialmente i più deboli, costretti in casa dal lockdown e dal contagio. Spesso lo hanno fatto procurandosi autonomamente i DPI e utilizzando proprie risorse economiche.
È probabilmente arrivato il momento di dedicare loro l’attenzione che meritano. Non tutti gli enti potranno beneficiare del credito d’imposta o delle misure previste per rispondere legittimamente alle grandi organizzazioni.
Dal forum terzo settore regionale sono state avanzate alcune idee, così come dall’alleanza delle cooperative della Campania. Non ha fatto mancare la propria voce anche Stefano Caldoro – Capo dell’opposizione di centrodestra in Consiglio Regionale – che ha presentato un piano articolato di proposte per dare risposte concrete a tante tipologie di enti e alle necessità dei loro volontari, lavoratori e anche a chi sceglie di supportarli economicamente.
Spesso si è sentito ripetere in questi mesi che bisogna lavorare tutti insieme e proprio il terzo settore è il rappresenta un esempio per tutti coloro che vogliano fare squadra con le istituzioni ed unire le persone in nome di ideali ed obiettivi che superino la semplice logica della concorrenza.
Perché non avviare in Campania una nuova stagione di partecipazione ragionando sulle proposte presenti sul tavolo e occupandosi veramente di coloro i quali non dimenticano mai di tendere la mano per aiutare il prossimo?
Pubblicato su: Il Riformista