L’emergenza e la pandemia hanno contribuito ad acuire molti dei diversi problemi della società italiana. Tralasciando l’ormai consolidata e triste tendenza ad inseguire narrazioni che poco hanno a che fare con la realtà che sembra colpire chi ha responsabilità di gestione e governo ad ogni livello, sembra proprio che il cosiddetto Paese coi suoi problemi concreti e le sue difficoltà debba essere sempre messo in secondo piano.
La classe dirigente, al netto dell’effetto sorpresa del primo periodo della pandemia che oggettivamente non era stata prevista, ha mostrato a grandi linee incapacità e impreparazione nel guidare i processi e pianificare una strategia adeguata ad affrontare una pronosticata seconda ondata dell’epidemia e la crisi socio economica che, purtroppo, ad essa si è accompagnata.
Sembra quasi naturale il dover essere rassegnati all’ineluttabile lentezza del sistema burocratico, a poche impostazioni metodologiche amministrative e politiche già fallimentari in più occasioni, all’assenza di visioni di ampio respiro per la nostra nazione. Da più parti, anche in quella che dovrebbe essere classe dirigente, si levano voci di protesta e richiamo alla grande opportunità offerta da questa grave crisi per “resettare” tutto e ripartire: ma quanta credibilità possono avere queste giuste osservazioni se ad avanzarle sono gli stessi che sino ad ora hanno quanto meno inseguito narrazioni errate? Gli stessi, per citare un esempio, che sono riusciti a far uscire bandi per potenziare le terapie intensive oggi a seconda ondata già pienamente in corso, nonostante sei mesi di tempo?
Per non parlare dei ritardi nella cassa integrazione (quante sono le persone ancora in attesa dei pagamenti da maggio?), del costante dimenticare il terzo settore, della pianificazione per la gestione di tutti i pazienti colpiti da altre patologie e non dalla malattia Covid-19?
Forse siamo davvero giunti ad una fase in cui come comunità dovremmo riscoprirci uniti, non solo nel combattere e vincere la sfida alla Covid-19, ma nel prendere la dovuta consapevolezza di dover cominciare un percorso di serio rinnovamento nella classe dirigente e rimuovere quei tanti muri di gomma che frenano le migliori energie ed intelligenze in ogni ambito e oltre la retorica delle narrazioni errate.
Una sana circolazione delle élite che contribuisca a dare nuova linfa e visione alla nostra comunità nazionale e guidandola con consapevolezza verso il futuro.
Pubblicato su: Il Riformista